Di solitudine io imbratto i muri.
E come vernice gli errori sbattuti.
Contro.
Scarico i ricordi dentro il tempo.
A fondo.
Poi raccolgo ogni goccia.
Veleno sublime.
Anche se ormai la mente
ha cassato ogni possibilità.
Scrivo senza sangue.
L'ho dimenticato in un campo.
Scorse ed annacquò mille primavere.
Non ne ho più ormai.
E sbavo ogni pensiero.
Deformandone i contorni.
Sbavo e confondo.
Fino a trasformare certezze
in approssimazione.
Come se ogni pensiero stesse morendo di sete.
Io non rileggo mai quello che scrivo.
E' così che gli occhi possono dimenticare.
La pelle scivola sotto il tempo.
Schiava devota e serva.
Lo raccoglie.
E di illusione io mi nutro.
Mordo illusione.
L'inchiostro dei miei giorni.
Nella più crudeli delle bulimie.
Asimmetrica è la mia percezione del tempo.
Scorre il mio dolore.
E investe la gioia.
La copre.
La travolge.
Si sgretola.
Cede come
duna di sabbia.
E le mie braccia sono incastrate.
Nel passato.
Nella morsa madida di un tempo scorso.
Uno dei tanti.
Catene come ciuffi di erba selvaggia.
Ma il loro odore è incastrato nei miei occhi.
Sul loro fondo.
Come se la pupilla fosse una tenda.
Se li guadassi scorgeresti erba in delirio.
Ed i suoi graffi.
La sabbia cede.
La duna scivola ancora.
Nella rete di desiderio ardito e odoroso.
Ingoiato nelle viscere della terra.
Sempre a caccia di acqua.
Pura.
La solitudine imbratta e scava.
E la pece si insinua in ogni dove.
Nel pozzo della incauta voglia di vivere.
Scivolo.
Quale dei miei giorni è questo?
E nei sensi io riavvolgo il mio corpo.
Mi vesto di aurora.
E la cospargo sulle labbra.
E questo mi fa credere che
tutto possa ancora essere.
Ricordi questa canzone, Paola?
RispondiElimina"... intanto porto i segni dentro me
per le tue strane follie per la mia gelosia.
La mia solitudine sei tu,
la mia rabbia vera sei sempre tu,
l'unico mio appiglio ancora tu.
Ora non mi chiedere perché
se a testa bassa vado via
per ripicca senza te."