venerdì 24 aprile 2009

Pioveva amore. Divenne grandine rossa. E rose. E io restavo asciutta. E mi raschiavo di lacrime avare le gote. Ombre di amore. E mi legavano. I polsi dietro. Senza respiro. Trattenuto e respinto. Chicci di un grano maturo. Di un campo sconosciuto. Faceva quasi paura. Praticamente tremavo di impossibilità. Scavavano canali. E i solchi avevano diverse direzioni. Senza meta.
Ero ovunque ed in nessun posto.
Ma cercarmi era assolutamente inutile.
Per una volta ero io che volevo trovare.
E il rosso segnava. Lo credevo peccato. Mi feriva. E rimbalzava. E io avrei voluto solo cancellarlo. Il rosso era ovunque. E dalla mente estraevo pensieri. Esili. Impotenti. E scalpestavo amore. Mentre la cosa più normale sarebbe stato impedirgli di cadere. Trattenerlo e berlo. Lentamente. Fino a non sentire più nessun vuoto.
E negavo e mi negavo.
E imploravo l'altrui dissenso.
Lo mendicavo.
Fame di amore.
Della purezza più oscena che si potesse immaginare.
Amare è lo sfiorarsi di istanti.
Istanti che rendono scura e densa la luce.
Annegandola nel fiume dell'ignoto.
Lune sovrapposte.
Perfettamente collimanti.
Un amplesso tra i loro bordi.
E riempiono di luce il buio.
Da farti chiudere gli occhi.
E respirarla.
Una luce che è una carezza.
Prima di finire in un sospiro.
La più feroce ed impudica.
Una carezza dentro il cuore.
A rovistarlo.
E intrecciarne i segreti.
Per prendere tutto.
E ti moltiplichi in una foresta di alberi felici.
E il vento li lascia urtare.
E' che si ama e il senso dell'amore è caldo e potente.
Frantuma gli ostacoli.
Ti sdraia l'anima e le spalanca le cosce.
Amore umido come una foresta.
E continuare ad amare.
Nonostante l'assenza di amore.
Senza chiedere.
Senza negare.
Donando.
Impiccando le attese.
Fluttuando nel rosso.
Come se fosse sangue.
E lo è.
"Io sto arrivando".
E divenni il mio cuore.
E anche altri.
Era sangue.
Quel rosso era sangue.
Sì.
Ora lo so.

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