Scorro come rapida e come pozza mi avvallo. Mi scorro dentro e di pensieri mi ritrovo bagnata. Come se tempo ci fu in cui mi ebbi a perdere tra questi segni. Ma non ne ricordo il significato. Ne seguo i contorni con la mente e le sue mani. Vene del tempo fatte di fili di erba strappati. Fremono. E freme la coscienza. E freme la vista. E si tuffa da dentro. E ancora freme. E non posso essere. Ma sono. Non ci avevo pensato. Non lo avevo previsto. E le cose impreviste sono quelle che danno il vero senso. Indelebili tracce e quei segni mi spiegano muti. Come occhi che si spingono oltre. E fuori. Un bacio sputato con indifferenza. Ha più voce di mille parole rotanti dietro una porta aperta e chiusa. C'è orrore nell'eccesso di amore. Come se il filo si fosse spezzato e non vi fosse più il margine. E l'eccesso divenisse la misura reale e unica. Quella che sembra l'unica possibile.
Avrei voglia di divenire eco del mondo.
L'ombra sul muro mi copre ma non è mai abbastanza. E una parte resta scoporta. E resto a studiare tutte le reazioni possibili. Senza indovinarne nessuna. Come se la vita fosse un lungo corridoio pieno di nicchie in cui riposarsi o nascondersi. Ed essere sorpresi. Parole che sembrano senza senso. Senza gli occhi giusti. Esiste una dimensione dove si ascolta con gli occhi e si vede con le mani. La voce della nostra pelle è capace di spingersi fino all'anima. E' con le mani che si accarezza l'anima, superando la pelle come se fosse aria mentre è il cancello più terribile della nostra intimità. In molti ci toccano la pelle ma solo in pochi la superano senza ferirla. Pensieri astratti che si infilano tra pensieri concreti come fili di erba. L'odore dell'erba bagnata placa ogni tempo e ansia. Dietro di noi scorrono le vene di un tempo che non ci appartiene e si gonfia e sgonfia nella nostra pelle. L'involucro di un tempo rubato al sonno del tempo.
E' un soffitto di erba quello che mi luccica addosso stanotte.
Basterebbe voltarsi.
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