Strana come la neve d'estate. Incanta come le magie. E come tenera follia appartiene alla mente e non al corpo. Zucchero che non placa. Quasi disseta la mia voglia di dolcezza. Molliche da una tasca sconosciuta. Dove ripongo il mio cuore. E lo ribalto. E mi brucia fino in gola. Questa dolcezza. La voglia delle braccia di una mamma. Dove nessuno può giudicarti. La coperta della serenità più aspra. Prostro i miei occhi davanti ad ore e a solitudine. La luna la sminuzza. In riflessi. Dal palmo in poi. Grondano le mie mani. E sui miei fianchi spalmano il nodo del passato.
C'era la notte e io con lei.
Vorrei spiegare quello che si prova.
Ci ho provato tante volte.
A rivestirmi di coraggio.
In un barattolo fatto di notte.
A scrutarmi il cuore.
Il tuo grido scrive una storia di fiato.
Soffiato contro il vetro freddo.
Non si può capire.
E se lo spiegano gli altri si spaventano.
Una storia silenziosa.
Come le lacrime che non puoi permetterti.
Fiumi guardinghi impregnati di rimmel.
Dagli occhi al mento.
I tuoi occhi scrutano tra la mia carne. E si chiudono davanti al peccato. Serri le palpebre. Mentre io vorrei spalancarli e condurli dentro di me. Affinchè tutto veda tutto. Vorrei infilarmi i tuoi occhi nel cuore. E farti vedere che a volte posso essere diversa. E il mio tormento ha un odore di mughetti e di stelle. Si è diluito con il cielo.
Anche se macchia i passi verso la luce.
E la rifugge.
Ho dei sorrisi conservati e dimenticati.
E uno è per te.
Solo per te.
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