C'è una strana luce. Un tramonto che urta dolcemente contro la notte. Le divarica le mani fino a dargli la forma di un abbraccio. Morbido. Spontaneo. E lo riempie di luce. Così immensa da far scomparire ogni limite. E il confine diventa dentro e poi oltre. E ripenso a tutte le volte che ho camminato per il mondo ignorando l'aria. E scansando la luce. E non ho guardato gli occhi di mio nonno. La carezza più dolce del mondo. Fatta di velluto scuro e pane profumato. Plasmata. Scorre come ricordo. E ogni volta diventa purissima nostaglia. E voglia di riavvolgere il tempo. Scorre. E si sedimenta. Nel cassetto del cuore. Dove ripongo le perle e i battiti che ho vissuto. Con la mente e con il cuore. E i pezzi di pelle che ho saputo conservare. Perchè conservare fa diventare per sempre. Non lo sapevi? La mia testa mi ha suggerito questo gioco. Superato l'istante del distacco. I margini della ferita come bordi di un lago che fagocita il tempo. Ho negato sorrisi. E non ho afferrato quelli che il mondo mi sbatteva addosso. Come se la gioia non fosse un diritto. Ho sempre scelto l'amore e sbattuto l'orgoglio al muro. E lui mi ha impresso l'ombra contro. E un pezzo in meno. Ogni volta. L'amore leviga ogni errore. Ne sono convinta e dilata il tempo. Basta che soffi.
Adesso è buio.
L'abbraccio si è dileguato nella notte.
Ma arriverà ancora la luce.
Se potessi strapperei la distanza tra il tempo e quel tempo.
Ma ho imparato che la superficie di un nuovo giorno
è un pianeta nuovo da scoprire.
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