Sono solo il mosaico fatto dalle impronte che mi hanno scorsa. E percorsa. Soffi. Carezze. Graffi. Solchi. Giri di parole. Una macchia che si apre e stringe. E si adagia e poi ritrae. Si tuffa e poi riemerge. Nella anima. La fonte nel centro di noi. Una fontana rossa. E la morde. Sono il gioco delle ombre che divorano le figure. E delle immagini che strappano i lembi delle ombre. Come fili di una stoffa sgranata. Sono la soglia di un campo sconsacrato. Dove c'è una fede sincera e primitiva. E il bene calpesta il male. Con i suoi passi incerti. Nel buio l'anima è una lama. Cospira contro la carne. E sceglie vene. Vi strofina il suo gelo. E le lascia prostrate. In attesa del veleno che sappia redimerle. Sono una insalata perversa di carne e luce. E fiori silenziosi. Colati a picco dentro il corpo. Come rimmel sbavato nelle pupille. Nella prigione delle infinite possibilità. In attesa dell'amo che sappia estrarle dalle certezze. Potrei fingere di non avere un viso. Dove i miei occhi lasciano scivolare ogni emozione. Come dentro un labirinto. Di non avere labbra capaci di incastrare parole e sorrisi. Di non essere voce che si asciuga sul palmo. Voce da soffiare come polline. E come desideri da affidare all'aria. Affinchè sappia custodirli. Sono l'incastro immondo tra le tessere smarrite.
E quello che lascio vedere.
Un gioco.
E invoco redenzione liquida.
Dentro cui nuotare.
E poi arrendermi.
E annegare.
Con le mie lacrime spente disegnerò un arcobaleno.
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