Mi piace scriverti sul collo. Dita e fiato. Pensieri invisibili. In una specie di pudore che si accumula fino ad esplodere in una cascata di impeto e delirio. Ti segno lentamente quei pensieri, e poi sempre di più. E ti racconto le mie fiabe e poi ancora e ti soffio le mie storie immonde e macabre. Tutte le paure di cui sono fatta e che sono diventate carne e desiderio e piacere e baci. Tu ti dimeni, ma io non smetto di raccontare. Di inventarle. Saliva e altri baci. E le mie labbra sulle tue vene. Come una zattera lungo un corso d'acqua. Non smettono di seguirne il sentiero. Perchè se lo lasciassero andare crederebbero di annegare. Non c'è lieto fine. Nè foce nè estuario. Nessuna cima da cui nascere per poi morire a valle. Solo autunni rossi e fragili. Io dentro una coperta. E il mio cuore sulla tua schiena. Mi sforzo di moderarne i battiti. Di dosarli, per non far rumore. Non voglio che tu ti accorga del demone che mi morde le viscere. E per non farti capire quanto io tu mi piaccia. E mi piaccia piacerti. Solo un poco. Lo confido solo al tuo lobo sinistro. Come se fosse di miele. Non mi resta che addormentarmi, in questo sogno. Con gli occhi addosso, su un palcoscenico senza regia. Mi addormento e ti lascio scivolare come un serpente spaventato, ti lascio volare come una colomba, o evaporare come neve al sole. Perchè tutto quello che serve e che mi serve è dentro di me. E' così che una donna si scompone e si ricompone, sogno dopo sogno. Come una matrioska di cartone. Basterebbe una pioggia per rimescolarne la carne e non ritrovare più i confini ed i limiti tra le sue parti. Dimenticare è un pò rinascere. Senza odio nè indifferenza. Altrimenti significa solo di sovrapporre. E inutilmente perdersi dentro di sè. Come in una foresta che diviene sconosciuta e nemica.
Questa foglia appena sotto la pelle è un segno di te.
Di quando mi hai resa principessa nel castello.
E mi hai pianto e riso e sorriso e baciata.
Tutto dentro gli occhi.
Come se fossi la cosa più bella che poteva capitarmi.
Per poco.
La misura dell'incanto.
Lasciarsi bastare la bellezza, senza pretenderla.
Altrimenti diviene dolore.
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