domenica 12 febbraio 2012
Troppi avverbi nella asfittica adesione al mio bisogno di esternare. Il bordo tra mente e lingua si fa sottile e quasi si sfalda. La luna geme. Fino a bagnare le cosce della notte. Un filo di tormento prima di sporcare con il suo piacere ogni proposito del venerdì. Una preghiera ed un risucchio. E gemo anche io, supplice. Oltre la decenza. Oltre l'artificio di ogni velo. Il sangue è solo un tramite. Ed il più semplice.
Su questo altare non ci sono celebra il peccato ma il blasfemo urlo di una normalità che si
redime dalla carne e si dipana in rivoli di vento.
E dopo resta il silenzio.
Il mio cuore che batte e non si spegne.
Anche quando mi sembra di non farcela.
E lui non ubbidisce e insegue un battito dietro l'altro.
Come farfalle con il retino.
Senza catturarle.
Si diverte solo a frustare l'aria.
Una orrida collezione di graffi.
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