giovedì 29 marzo 2012
Asfittico quel tubo e tutto scorre. E io non sono sangue. Sono acqua. E mi nascondo tra le vene, come rugiada nel prato e nelle sillabe. E le cucio con il mio respiro. Annaspo. E quelle vene sono il confine tra la vita, la mia, ed il mondo. Forse lo specchio è nei miei occhi. E nella lamina che gli impedisce di fondersi in sorrisi e lacrime. E li preserva. Quasi obbligandoli a restare là. Figli di una magia sconosciuta e per quello irresistibile.
"Gioca con me.
Io non esisto.
Per quello puoi crearmi.
E puoi distruggermi".
Non soffrirò. Non questa volta. E tu annoderai quella catena alla mia caviglia. Una catena di fiori e nuvole. Avrà l'odore di una promessa mai violata. Io lo sono stata. Mentre cercavo l'assenso del mio carnefice. Prima di fuggire. "Potrai mangiare il cuore ad una colomba. Invece del mio." Gli avevo sussurrato. Ma lui mangiò sia il mio che di altre mille colombe. E io non fui pasto ma sazietà e briciola. E mi colorai di rossa e incredula gelosia. Livida più della delusione. Fino a perdere il filo e la più savia direzione.
"Non ho nome e ne ho infiniti.
Adesso chiamami nuvola e poi pesce e poi tigre.
E poi ancora nuvola."
Non so più piovere perchè non ricordo più come rendermi goccia impavida.
E mi limito ad accarezzare le vene della terra.
E a mordere semi.
Sono la bestia che mi vive nel cuore e mi piega e mi sconcerta.
E prima di addormentarsi bacia la luna.
Perchè non sa più morderla.
E non ho mai smesso di essere curiosa di mondi alternativi ed alterni.
Cuscini di risvegli inaspettati.
Di una normalità insolita che si grana sotto la vista come un rosario di carne.
E tutta la vita che vi si addensa.
Tanto da renderci spettatori, spettatori per caso.
si, ricordavo bene come mi piacesse la tua scrittura, avevo smarrito il percorso al tuo blog, ora ritrovato. un saluto
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