Mi piace giocare e prima mi piaceva di più, molto di più. Le dita nella luce nell'assurdo tentativo di scomparla, forse di afferrarla, o solo scoprirne il mistero. E i baci che non finivano mai. Non smettevo di chiedertene e tu ridevi. Correvo per le scale incontro a te e ti spingevo con le mani sugli occhi verso sorprese più o meno plausibili, che si rivelavano sempre autentiche cavolate. Poi il viaggio a Phuket ed il mondo incominciava a stridere, e ancora viaggi, come se nei suoi ingranaggi ci fosse troppa polvere e poco vento. Spiarti, mentre non sai che ti guardo. Ancora lo faccio e ti dono quel vento. Prendilo, e se puoi perdonami. Osservarti mentre vivi una vita inconsapevole, isolata da un vetro offuscato per il mio respiro, e sei opaco oltre i miei occhi. Non riesco a non essere sbagliata. Ti squilla il telefono e sento, sento che parli con lei, una delle tante, delle altre. Ripeti cose che io conosco e che pensavo avessi fatto per me. Fossero mie. E poi mi ricordo che nulla è per sempre ed anche quando credi che lo sia irreversibilmente non lo è.
Niente più vetro, adesso mi mostro io.
E i tuoi occhi nella mia scollatura potrebbero essere quelli di chiunque.
Ma tu non lo sai.
Nè io te lo sussurro mentre mi spogli.
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