Il mare è fatto di onde e la terra le ingoia, più o meno regolarmente. O forse è il mare che ingoia la terra. Questione di prospettiva. Ognuno sente il morso dell'altro. Vorrei essere guardata senza essere analizzata, neanche capita. Vorrei l'incanto e l'occasione di uno sguardo puro. Senza una dimensione forse uno scopo. E non sentire il fardello sui miei passi. Sarà quella la dimensione della libertà. O è solo la capacità di sottrarsi dalla rete delle convenzioni. Perchè si può comunicare con un linguaggio non usuale, che non sia una abitudine. Succede con le emozioni. Non sai spiegarle e nonostante ogni tentativo, restano il vestito della tua anima, la loro tunica segreta. Infilami le mani dentro, ovunque tu voglia, e per una volta guardami al contrario. Ma ti avverto, quello è esattamente il punto di non ritorno, come una onda che si perde, forse nel mare, forse sfrangiata sulla terra. Perchè a volte mi offro in pasto, e non so se attendo il boccone o solo il morso, lo strappo silenzioso da me stessa. In quei momenti, che sento in tutta la loro goffa irruenza, io sono dentro di me ed attendo, forse le tue dita, forse le mie, forse il tocco del caso e dell'ignoto. Il mare continua a sputare onde, forse sono carezze, anche se poi non perdona mai. Ed io un pochetto mi sento fatta di mare. Non so esattamente cosa volessi dire, forse lo ho già dimenticato alla fine del primo rigo e neanche so con esattezza cosa vorrei adesso o tre righi sopra. Ho inquietudine mescolata ai tasti ed è un espediente per dimenticarmi, lisciando il mio ego, prima che mi faccia ancora male. Mi conosco e mai fino in fondo ed è quella forse l'esperienza più interessante, quella di spingerci al limite di noi stessi, stemperati con l'orizzonte. Cosa chiedo in cambio? Cosa sono disposta a perdere? In nome di quale dio se non la mia stessa carne?
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