Le torri, a grattare il cielo. Come dita dell’uomo che si innalzano verso l’infinito. Ed il ponte sospeso nel vuoto. Il vento e la musica. La musica ed il vento. Un sorso ed un sorriso. La voglia di andare ancora via. E l’odore dell’oriente, quello che ti invade la pelle, in alcune città, e te lo ritrovi dopo all’improvviso nel gomito, tra le dita, sui polsi, sulle caviglie. Nel palmo della mano. Ti lascia una nostalgia che si può comprendere solo se ci sei stato in alcuni posti. A quei tempi eri con me nel mio zainetto azzurro. E giravo la città e ti cercavo nella mente e nelle cose che vedevo, che tiravo a memoria, e che pensavo ti avrei raccontato al ritorno. Dopo di quel viaggio ho smesso di fotografare i luoghi. E di pensare cosa avrei raccontato dei luoghi al mio ritorno. E da allora mi limito a raccontare ed a ricordare a me stessa ciò che sento bello e profondamente mio. E così sento più che posso, e mi sporgo ad osservare, ad allargare gli occhi, per raccoglierci e trattenere tutto. Dettagli di una vita lontana, di tante vite lontane, che si riversano, come per incanto, nella tua. E poi quello che ti spacca l’anima sono gli sguardi ed i sorrisi che incroci per le strade. Sconosciuti che non rivedrai più ma che ti sono brillati negli occhi. K.L., dopo tanti anni, era diversa ma ancora lucente, e si stiracchia verso il cielo, con l’odore della foresta ovunque, e della polvere e del calore della vita. Una piccola tappa, verso un viaggio diverso, comunque e sempre. Mi è tornata in mente, anche adesso che ho dismesso quello zaino. All’improvviso gli si è aperta una voragine. Ma continuo a fare le cose a modo mio. E scrivo ai bordi dei libri che leggo. Qualcuno ci ride dietro a questa strana abitudine di sporcare tutto con i miei pensieri. Anche i bordi ruvidi delle pagine. In fondo, lo fanno tutti gli incoerenti come me. Quando hanno la coerenza di restare incoerenti. Perché non sanno mai quale sia il posto giusto per loro. E credo sia un modo per non appartenersi mai e per non appartenere mai a nessuno. Così allontanandosi continuamente da sé. Perché ci si accorge di essere la sagoma troppo stretta dei propri sogni.
Torno a casa, con meno sogni, perché sul mio sedile ho fatto posto a me stessa.
E la sensazione che chi non mi ha conosciuto mi abbia capita veramente.
Buio e luce sono figli del
sole.
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