Ultimo asterisco
Post n°15 pubblicato il 19 Aprile 2016 da cloneselvaggio
Sembra quasi una stella luminosa in un cielo di cartone. Non so deciderne il colore. Io e i colori abbiamo uno strano rapporto. A volte quasi imbarazzante, come quando stai provando qualcosa e sei indecisa se mostrarlo, e goderne fino in fondo, o interromperlo, per nasconderlo. Pudore o incanto? Come i petali di una margherita. Tu mi raccoglievi i fiori dal campo. E coglievi me. Ed i miei petali? In fondo, spezzare le cose è un modo per consegnare il loro frammento inesatto alla eternità. Perchè la perfezione non ci interessa. Sento degli occhi sulla nuca. E mi piace persino. Non dovrei. Poi ci ripenso. E non mi volto. Del resto, sono una ragazza con la valigia. Ma dentro c'è davvero poco. Mi piace viaggiare leggera. Conservo la sensazione di essere stata donna per qualche istante. Poi la bambina riprende a contemplare il cielo. Ed è sempre troppo presa a ricordare per poter comprendere per davvero. A che serve capire? Provare, sentire, trattenere, al confine tra pelle e anima. Il senso deve essere quello. Come se scorticarsi di baci fosse il modo per lasciare il segno. Mai i segni dell'anima sono più profondi, quanto più lieve è il contatto. Un passo ed un altro, e l'orlo della gonna scucito. Non guardarmi le caviglie perchè rischio di cadere ancora. E sono troppo fiera dei miei passi sinceri, del rumore sull'asfalto, mentre attraverso la notte, non una qualsiasi. Ma la mia notte. Tutta mia. E la mia bocca, e quello che resta di me, si schiude in parole imperfette. Senza scia. Senza ritorno. Parole nuove, oltre la riva del fiume. Come se quella corda lanciata nel vuoto fosse il gancio verso il futuro. Nulla sarà come prima ed anche se resta uguale è proprio diverso. Come le nuvole. Niente più lacrime vive, solo un senso diverso, più profondo. Come una riga. Come il segno sui miei polsi mentre mi dimeno. Come il contorno dei miei sogni. Come la riga sulla mia carne. Cera calda, come un sigillo del mio essere inesatta, o solo non proprio giusta.
Mi stai ancora guardando la nuca e non dovresti.
E quando mi volterò ancora, mi piacerà immaginare i tuoi occhi.
Senza guardarli.
Roba difficile, rara, preziosa.
Dimenticavo, il mio nome è Noa.
Scusa se è tardi.
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