E sempre più spesso lei elencava ciò che la feriva, ciò che le cagionava dolore, ciò che le sembrava insopportabile, finché non inciampò in un pensiero, forse in un sospiro. E prese a pensare lieve, come chi ritrova l'ago nel pagliaio e non vede l'ora di pungersi; così prese a pensare ed a ripensare alla sua scarsa attitudine al bene, a ciò che di buono le stava intorno e le dava gioia, anche se per poco, come succedeva, alle anime assetate di amore, come la sua. Si cresce intorno ad un vuoto, ad una fame, che smangia il resto, che diluisce i bordi del mondo, che slega i confini del mare, che pizzica il cielo, e niente sazia, e niente nutre. Una nuvola sospesa, destinata ad essere infelice, perché non sa amare, né è mai stata mai amata, perché la maledetta voglia di amore rende immensamente egoisti e ciechi. E forse ci sono dolori che sono capaci di distruggere la benda che con dovizia e dedizione qualcuno ha calcato sugli occhi, stringendo un nodo stretto stretto; come se fosse una porta e dietro ci fosse un bosco sconfinato e sconosciuto, dove poter respirare. Ecco, lei aveva di bello molte cose, la forza del suo respiro, la forza del suo pensiero, la forza dei suoi battiti, e quella del suo desiderio e del suo sangue. E poi della luce nei suoi occhi quando era felice e si sentiva viva. E guardò, e oltre la benda seppe e ritrovò i suoi occhi. Li avevo dimenticati. Guardarsi dentro a volta è annegare. E perdersi. E ci si trova solo con le ciglia nel vento, un vento sincero e puro. Finalmente.
La solitudine è la forma di una via obbligata, la sagoma di un percorso doveroso, a volte.
A volte proprio come questa volta.
Nessun commento:
Posta un commento