Cancello ogni traccia di tristezza, e sorrido al nuovo giorno. La mia convinzione del bene spesso mi lascia nuda ed indifesa, e spingo al massimo, accellero, fino a provare la velocità e la forza della distruzione. Non c'è dolore. Solo lucidità. Come quando non riesci a non guardare le stelle. E provi a contarle. E conti, conti, conti. E parli, parli, parli. E non capisci perché gli altri non sappiano vederti, ma si limitino sempre e solo a vedere la loro importanza ed i loro effetti in te, come se fossi il riflesso in uno specchio in cui tu hai perso gli occhi. Stanotte ho cullato Sara, e le ho baciato le lacrime. Nessuno può sapere cosa possa succederle in alcuni momenti. Perché lei sente e sa. Come se i corsi e ricorsi storici abbiano segnato le sue vene, arpa di tormento infetto. Alcuni percorsi sono dei graffi. E riconosce ogni vibrazione, ogni soffio, ogni sospiro, ogni inflessione di voce. Sara dormiva serena e le ho baciato le ciglia, la fronte, il mento. Il suo respiro si intrecciava alla notte e mi sono sentita una, dopo tanto. Le pagine di un libro per contenermi dentro una storia, quasi ad abbracciarmi. L'odore caldo della terra dalla finestra. E la luna da un rettangolo. Altri hanno già provato tutto questo. E mi ritrovo una, una ed una sola, solo quando so riconoscere di essere tante, diverse, confuse. Non ho mai chiesto nulla che non fosse autenticità, oltre questa pelle e le sue cicatrici. Mordo le labbra, per non dimenticare. E ringrazio chi c'è e ci sarà. E chi non c'è più. Siamo la somma di tutte le impronte che l'anima ha raccolto.
Sara, dorme ancora, e io le bacio piano piano i sogni.
Nessuno le farà ancora del male.
Ormai non può più.
Io sono la unica terra che mi appartiene.