daunfiore

Nessuna pietà
Approfitto che la luna si distragga.
Io inganno.
E rubo un pezzetto di cielo.
Povera ladra di spicchi di cielo.
Da suggere come arance senza succo.
Rubo e nascondo.
In fondo alla mia scatola.
Me ne basta uno piccolo.
Una minuscola scia dell'etere.
Da attorcigliare intorno alle dita.
Come una piccola veretta.
Ogni notte affondo le dita nel cielo.
Nessuno lo sa.
E me lo metto in tasca.
Insieme alla mia veretta di stelle.
Vorrei strofinarla sul cuore.
Come promessa.
Ma ho paura.
Di violare i patti fatti di cielo e di luna.
E se mi imbatto in una stella non resisto.
E' così dannatamente difficile lasciarla andare via.
Posseduta dalla voglia di annusarla.
Di spalmarmela addosso.
Ti tracciarne il profilo sul palmo della mano.
A volte copio stelle.
Ho voglia di imbrigliarle e mischiarle alle linee della mia mano.
Incauti graffi del destino.
Indelebili tracce di un corrente di vita.
Di un corso indomito.
Come una gabbia di futuro.
Un pieno di stelle nella testa.
Come un delirio liquido.
Nascosto al mondo.
E' il mio segreto.
"Non ti avevo mai detto che io sono nella mia testa?
Che puoi trovarmi là.
Se vorrai raggiungermi.
Oltre la mia pelle.
Adesso è tardi.
Lo so."

E' che la serenità è fatta del rumore del mare.
A volte.
Interrotto da passi umidi e silenziosi.
Assolutamente incerti.
E sminuzzato da un volo di gabbiani.
Sconosciuti e lontani.
Disegnasti sulla mia pelle una rete di desiderio.
E di delirio.
Inestricabile e lenta.
Mischiata miseramente ed avidamente
ad ore immaginate.
E il mio ventre lacrimò la più oscena delle voglie.
Quella di essere tua.
O forse finalmente mia.
Solo il tempo sa.
E copre tutto e lo cancella con il lenzuolo dell'oblio.
Muta testimone una vecchia conchiglia stanca.
Dentro di lei il mio segreto.
Inconfessabile.
Quasi scontato.