E nelle conferme mi creo una forma. Mi plasmo e mi cancello. E non è nuvola. Attraverso parole. E le parole attraversano. Affiorano come foglie morte su un fiume. A pancia in su. Sirene di palude. Donna e pesce. Perchè chiamo le cose con ardore. Fino a farmi bruciare la lingua. E ne dimentico il nome. E con la lingua disegno. Con cenere e saliva. Qualcuno le chiama lacrime. Io le chiamo resti. Discutibili resti. Fino alla nuova forma. E non è ancora nuvola. Solo pioggia asciutta. Una finestra segreta. E' una finestra murata. E ci disegno me che guardo attraverso quella finestra. E nessun piumato eroico potrà venire a deporre le uova sul davanzale. Io non lo so se i miei gerani hanno voglia di sbocciare. Ne sento i lamenti nel freddo. E le risatine nel sole malato. Sento che stanno facendosi la strada. Fino al cielo. Fino al pezzetto di cielo che gli è concesso. Disegno una storia. Parole che non lasciano traccia. Una storia astratta e senza inzio. La fine è sempre la stessa. Basta il vento. Per cancellare. E snaturarmi ancora. E la belva si rovescia nella voglia di dolcezza. Fino a farmi tremare. Mi fa tremare la mente. La belva sputa i suoi morsi. Uno per uno. Nella mia ciotola rossa. E non sai se ti viene voglia di piangere. O di ridere. Se è gioia del cambiamento. O l'imbarazzo della dignità liquefatta. Senti solo la voglia di un abbraccio. Di una coperta. Di due braccia intorno alla pancia. E sentirti le orecchie piene di ombra. Di storie senza senso. Di leggerezza fatta a spicchi. E vorresti essere imboccata. Piccoli e deliziosi spicchi di dolcissimo veleno. Biscotti e luna. Quelli che sanno scavarti un buco dentro. Un buco che è solo un viottolo di campagna. In fondo c'è l'estate.
Nella casa della mente pensiamo pensieri che per noi sono mondo.
E li pensiamo con tutto quello che ci è consentito.
Quando la casa freme vuol dire che stiamo varcando la soglia.
Secondo me ne vale la pena.
Ogni finestra apre un mondo nuovo.
E c'è un mondo di farfalle che ruba pezzi di sole e te lo spalma dentro.
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