mercoledì 17 febbraio 2010
E le mie labbra hanno rubato baci. Hanno strisciato il cielo. E se lo sono sparso addosso. Come polvere e lascivia. Ed echi di farfalle. Un tremito. O un fruscio. E nessun sorriso. Perchè io non so dare importanza alle cose. E la dolcezza si è schiusa come dita e meraviglia. Non la merito. Ma un pugno fatto di parole mi ha sfondata. Tra pancia e anima. Mi ha attraversata. La lama dell'errore. Digiuno e fame inversa. E' così difficile distinguere debolezza e fragilità. La debolezza non ha vene. E scelta e rinuncia. Occhi come risposte. E la carezza amputata come uno sputo tra le dita. Le mani a coppa. A raccogliere pioggia benedetta. Come un pozzo verso l'inferno. Hanno rubato baci. Meravigliosi angeli sbronzi. E si sono perse. In un bosco. Solo per poterli seminare. Fuggire. E credere all'ancora. E non è la mia coscienza. E adesso tacciono. In una apnea verde muschio e morbida di pane. Liquida. Da nuotarci dentro. E lasciarsi avvolgere. Perchè così si creano i confini. Tra indegnità e maledetto sbaglio. Mi perdo. E tra le ombre io non so. Nè voglio sapere. Non voglio vedere. Perchè il freddo ha devastato le mie labbra e le ha rese crosta di deserto. E il mio giardino cresce al di sotto. Senza luce. Nè parole. Ogni passo le riempie di crepe. E non riescono più ad atteggiarsi a nuvola. Nè a deliziosa caramella. O a ciliegia ubbidiente. E senza forma i pensieri si staccano dalla mente. Come polline. Senza direzione. Ma con la voglia di andare via. Domani sarò felice. Ma adesso è ancora ieri.
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