lunedì 8 febbraio 2010
Gelosa. Gelosa delle tue parole. Le ho sentite. E non dormivo. Neanche sognavo. Erano fatte di alito e vento. Avevano saliva che mi è scivolata sul collo. Ti sei fermato sulla nuca. Hai respirato. E ho afferrato quel respiro. Come un fazzoletto. Gelosa. E vorrei chiuderti in una boccia. Come un pesce. E girarti intorno. E accarezzarti. Contro il vetro. E scriverci quello che voglio. Affinchè tu possa cercarmi nella mie impronte. Madide di perversa follia. E ogni tanto aprirla ed assaporti. Mangiarti pezzetto per pezzetto. E farti nutrire di me. Piccolo pescecane. Come se fossi briciole. Deliziose briciole. Sempre meno. Ma l'amore non è un baratto. E il dono di chi non chiede. E muto osserva. Perchè non esistere è come esistere, se non voglio. Gelosa. E modello i fatti e i fatti modellano me. E resto sospesa. Con un graffio per segnalibro. E i suoi lembi come tasca. Solo tu puoi aprire la mia ferita e navigarci dentro. Non ho paura che tu veda. La mia parte orrida è il meglio di me. L'ho scorso nel lampo nel tuoi occhi. La fame delle mie briciole. Della mia terra segreta. E della polvere che ti conduce a me. Gelosa. Farei il calco delle tue labbra. Per dormirci contro. Gelosa. Ma tu non lo saprai mai.
Troverò le parole per scrivere sul vetro indelebili emozioni del tempo che passa e non scolora
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