lunedì 8 febbraio 2010
Potrei dire che ho brividi in corpo questa notte. Come un serpente intorno al collo. Una colla vivente. Intorno al collo. Si allarga e si stringe. E mi percorre lentamente. Come una lingua indecisa. Potrei dire che i brividi stanno inseguendo il mio pudore. Ma non lo dico. E li trattengo. E me li liscio uno per uno. Come tappeti su cui sdraiarmi. E gattonare. E tu mi guardi. Lasciami bere. E non ho sete. Solo voglia di svuotare il bicchiere. E lasciare le goccioline farmi la gara addosso. E mi racconto una storia. Dove il più buono è solo il più distratto. Perchè se è troppo attento annega. Ed i bambini si tappano le orecchie. E il pifferaio si dispera con il suo finto incanto. C'è una galleria tra la saggezza e il delirio. La canna per la dannazione. E pochi riescono ad attraversarla. Basta aspirare. E chiudere gli occhi. Chiudili e prova. E chi più sa più sbaglia. Perchè ha imparato che errare è il mezzo per sapere. Ancora e altro. Ed i miei brividi sono corde di carne e aria e pensiero. Una miscela pericolosa. Ha voce e mani che si infilano ovunque. Fame di istanti che ti fa dimenticare di non aver cibo. E ti fa mordere aria. Senza sentirti. Senza provare il limite. E poi è quello che fa la forza. I denti sulla nuca. Indecisi se azzannare. Se raccontassi mi perderei nelle parole. E raccontarei senza nulla dire. Invece tento. E non racconto ma dico. E provo. Annodo i brividi alle mie braccia. Ed il resto non esiste. Domani torno. Adesso non ne ho voglia. Aspiro e riaspiro. Come tanto tempo fa. Quando la notte era impuzzata da stelle pazze. E io lecco gli odori. Come bacche. Aspiro e mi perdo in mille spire. E i brividi intorno agli occhi mi nascondono il mondo. Una benda. Dove sei? Il pifferaio è morto insieme ai topi. E ho la grotta tutta per me. Come se fosse una prigione. E invece è tana. E i brividi mi legano le braccia indietro. E mi colano dalle labbra. E poi sul petto. Un altro tiro. Un'altra nuvola sintetica. E poi mi ricompongo. Non è altro che una menzogna a pancia in giù. Tanto passa. Sono il mio nulla riempito di me. Non ho altro da spacciare. In cambio di emozioni. E non è poco. Ti chiedo solo di annusarmi i polsi. E di baciarli. Senza farmi male. Tutta passa.
Distopie interne, ma piene di materia. La fame, il bisogno, sussurri che colano lungo il corpo della notte, il vuoto riempito di stelle affamate. Sete di sapere e sapersi.
RispondiEliminaIn sostanza: la sostanza del volere.