Mi capita di pensare che spesso siamo capaci di
accusare gli altri, se di accusa si tratti e di accusa si possa parlare, di
tutto quello che noi realmente siamo. Perchè è più facile vedere negli altri i
nostri limiti, quello che non vorremmo essere. E forse non sappiamo, perlomeno
fino in fondo, di essere. Il nostro alone grigio, lo strato livido che non
sempre riusciamo a spostare. E ci invade anima ed il cuore. Come se la
ragnatela di quel ragno riuscisse persino ad esserne la culla. Ci vuole più
forza ad evitare di fare del bene che a fare del male. Mentre sarebbe
semplicissimo tutto il resto. O giù di là. Quando è nata mia nonna l'anagrafe
era una realtà approssimata ed approssimativa. Ed anche le sue risultanze.
Spaventosamente dilatate da altre esigenze contingenti. Si nasceva settimane
prima che lo stato siglasse la venuta al mondo. Perchè era tutto più lento. E
forse meno esatto. Ma era tutto impastato in una umanità essenziale ed
autentica. Straordinariamente imprecisa ma vera. Ecco, qualcuno dice che il
compleanno di mia nonna sia stato ieri, qualcun altro in famiglia dice che sia
oggi. Non voglio dire sarebbe stato. Perchè oggi è, e resta, il tuo
compleanno nonna, ovunque tu sia. E lo sarà anche domani e tra un mese. Ed ogni
volta che ti penserò. Perchè mi piace sentirti dentro e tenere dentro di me
tutto l'amore che mi hai insegnato. Tu sei stata maestra di vita, di
leggerezza e d'amore. E mi piace pensarci e rivederci con il cono di
gelato a prendere il fresco nelle serate d'estate, mentre mi raccontavi della
tua infanzia e della tua famiglia.
Era bellissimo stare così.
Vicine.
E tu eri sempre inaspettatamente odorosa.
Non lo sapevo ancora ma era quello un modo per
tramandarsi la vita.
Divenire eco di una memoria.
E allora mi sembrava che non sarebbe mai potuto
finire.
La tua culla è nel mio cuore.
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