Ho aperto la finestra ed era
inaspettatamente primavera. E così ho raccolto i pochi brividi che mi
restavano e mi sono affrettata, per sentire tutto l'odore possibile
dell'erba appena tagliata, frammista all'umido salso della spiaggia. Ho
sfilato tutti gli anelli dalle mie dita, solo per sentirle, dopo tutti i
graffi, libere nel vento. Perchè ho scavato nella terra, e non ho
smesso, e sono rimasta prigioniera della sua forza silenziosa. Siamo
tutti figli dello stesso ventre, ma non sappiamo dircelo. E così ho
sentito la vera appartenenza che mi accarezzava i graffi, e li legava e
poi li slegava, come piace a me. Nello stesso modo di quel vento che non
toglie e che non ferisce e che ricompone la corolla del fiore in cui si
impiglia, lasciandolo oscillare nell'aria. Come se il tempo fosse la
sua culla, il suo salmo, il suo profumo. E non coprisse ma lievemente
accarezzasse, fino a sublimarla,la fame della carne. Il resto è più
astratto di ogni lacrime. Ed io ho bisogno di piangere dannatamente
concreto. Ed ho bisogno di baci casti sulle vene. Non ho bisogno del
poco. Non lo voglio. Io pretendo. Il mio cuore pretende. Il mio corpo,
improvvido ed avido, molto di più. E non mi doso, mentre faccio scempio
della mia anima, e la percuoto, come un cuscino di piume. O come una
frusta o il suo sibilo silenzioso. Il male degli altri ci rende
migliori.
Io ti assolvo.
E mi condanno infinite volte.
Ed il mio alone è il mio mistero.
Quasi quanto la mia voglia.
Perchè questa parte di me ha una sua voce
e racconta le sue fiabe, proibite e candide e poi sordide.
Ed implora dannazione.
Ecco, io ti assolvo.
Perchè sono troppo buona.
ho ritrovato le tue parole, e di nuovo freme l'anima.
RispondiEliminaTernura infinita… amor sem fim… vem
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