domenica 14 aprile 2013

Ho aperto la finestra ed era inaspettatamente primavera. E così ho raccolto i pochi brividi che mi restavano e mi sono affrettata, per sentire tutto l'odore possibile dell'erba appena tagliata, frammista all'umido salso della spiaggia. Ho sfilato tutti gli anelli dalle mie dita, solo per sentirle, dopo tutti i graffi, libere nel vento. Perchè ho scavato nella terra, e non ho smesso, e sono rimasta prigioniera della sua forza silenziosa. Siamo tutti figli dello stesso ventre, ma non sappiamo dircelo. E così ho sentito la vera appartenenza che mi accarezzava i graffi, e li legava e poi li slegava, come piace a me. Nello stesso modo di quel vento che non toglie e che non ferisce e che ricompone la corolla del fiore in cui si impiglia, lasciandolo oscillare nell'aria. Come se il tempo fosse la sua culla, il suo salmo, il suo profumo. E non coprisse ma lievemente accarezzasse, fino a sublimarla,la fame della carne. Il resto è più astratto di ogni lacrime. Ed io ho bisogno di piangere dannatamente concreto. Ed ho bisogno di baci casti sulle vene. Non ho bisogno del poco. Non lo voglio. Io pretendo. Il mio cuore pretende. Il mio corpo, improvvido ed avido, molto di più. E non mi doso, mentre faccio scempio della mia anima, e la percuoto, come un cuscino di piume. O come una frusta o il suo sibilo silenzioso. Il male degli altri ci rende migliori.
Io ti assolvo.
E mi condanno infinite volte.
Ed il mio alone è il mio mistero.
Quasi quanto la mia voglia.
Perchè questa parte di me ha una sua voce
e racconta le sue fiabe, proibite e candide e poi sordide.
Ed implora dannazione.
Ecco, io ti assolvo.
Perchè sono troppo buona.

2 commenti:

  1. ho ritrovato le tue parole, e di nuovo freme l'anima.

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  2. Ternura infinita… amor sem fim… vem

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