Ti assale un tormentato bisogno di inesistenza. Veli di assenza. Come se essere di polvere, di vento o di agitati mulinelli, significasse inesistere. Vagare fino a sentire l'ostruzione di ogni difficoltà. E riallinearsi con la fine. Le ossa contro il pavimento a dare la misura del contatto, quasi dell'aderenza più disperata. Ho urlato, tra le vene, di non andare via. Poi mi sono arrotolata una ciocca sul dito indice e l'ho puntato verso il sud. Ho tre gocce di tormento e le conservo per le grandi occasioni. Distillato di purissima rabbia. Ho bisogno di leggere e dimenticare. E tutto rigorosamente bagnato da un pò di egoismo. Sembrava un'alba di cartone, quella del sole rosso, screziato di arancio. L'ho vista riflessa in una pozzanghera all'angolo, giù per strada. Ma non aveva piovuto e non so chi l'avesse messa là, come un effetto speciale. Forse un cane incontinente. La luna ha tremato su quel bordo e si è spostata. E un sole inopportuno ha dato inizio alle danze. Questo io non lo so. Mi sono limitata a pensarlo. A volte ti assale l'esigenza di soffrire, tiene impegnati mentre potresti fare altro. Le coperte contro la schiena e una mentina sotto il palato, prima di dimenticarti oggi.
Poi domani ti ricorderò ancora.
E fortunatamente sarà tardi.
Quasi una benedizione.
Appendersi ad un istante, e rinnegare tutti gli altri, per attenderlo è quasi morire.
La vita è più forte di tutto il resto.
Anche se nessuno ha mai pensato a brevettarla.