poi come foglie (addio)
Cronache interrotte.
Sguardi indiscreti.
Dicesti per mano.
E io raccolsi i tuoi baci.
Era ieri?
Schegge nel respiro, adesso.
Baci infranti, frammenti di uomo e di donna.
Percezioni,
intuiti intrecciati a foglie di acanto e all’idea candida della luna.
Ai suoi sospiri.
Sangue di luna impura, io sono questo.
L’orrore candido della verità.
Ho vene sincere.
Nessun altrove?
Nessuna parola.
Nessuna gelosia.
Nessun limite.
Era un sogno.
Sì,
nessun altrove.
Come è giusto che sia.
Poca rabbia.
Nessun rancore.
Con i palmi sporchi di dolore.
Questa è la casa silenziosa delle parole sbagliate,
delle emozioni sbagliate,
in cui una donna sbagliata si è incastrata nel vento e nel suo profumo.
Bocca e mani nel vento, come radici segrete.
Nessuna favola.
Questa volta resterò immobile.
E lo sentirò fuori e dentro quel vento.
Lascerò che l’acqua e il fuoco facciamo il loro corso.
Distruggano i fiori sui miei polsi.
Io sono e resto terra.
Carne inesatta.
Puoi tenere appena in un pugno il buono di me.
Il resto distruggilo.
Non esistere, e non essere esistita, sarebbe stato un dono, un dono vero, raro.
E adesso vorrei solo mordere un tenero oblio.
Come una stella innocente, una stella con il cuore.
Adesso lo so, anche io ho un cuore.
E mi sono sentita immensamente forte fino all’istante prima.
Nessuna altra parola scalza.
La tenda si chiude, niente da osservare, spettatori incauti, capaci di lasciare orme indegne.
Sulla intimità.
Quella più preziosa.
Ma forse non avevate gli occhi per farlo.
Ci vuole coraggio per guardare la vita, tanto, tantissimo.
E se si chiudono gli occhi, all’improvviso, si resta capaci di sognare ancora.
Quasi prigionieri dei propri sogni.
Lontani, vicini.
Che conta?
Era tutto dannatamente vero, nel bene e nel male.
Voglio rinascere bugiarda, come questa luna che cresce, nutrita dal mio sangue sbagliato.
Più di tutto il resto.
Dimenticavo, questa è l’ultima foglia.
Dove potrai ritrovarmi se un giorno ti capitasse di ricorderai mai di me.
Questo sarebbe un altrove degno di rispetto?
Non so come funzioni e neanche come io debba fare. Sono una naufraga. Con le labbra unte di solitudine. Sono viva e me lo dice il mio polso; batte e continua ad imbrattarsi di vita. E questo forse è solo un urlo. La eco nuda della mia mente. E scrivo come se tutto finisse in una bottiglia. Non voglio che nessuno legga ma che qualcuno devasti quella maledettissima bottiglia. La spacchi senza ritegno e senza pietà in mille ed un pezzo. E poi scrivere ancora con il sangue. Dimenticandone il colore. Ho la mente rossa. Potete capire che succede ad una donna quando sente un livido sul cuore? Cerca la ferita ma non ne trova il punto. Sente solo dolore. Senza direzione. Un dolore immobile. Invadente. Pulsa e non si sposta; si limita a dilatarsi senza riconoscere più la dignità del limite. Dolore nei ricordi, annacquati dalla paura, dolore sulle labbra dei baci perduti e rubati, dolore per il pudore negato alla sua pelle. Forse prova questo. Ma anche altro. Ebbene, sì. Questo mi sembra un altrove davvero degno di rispetto.
Senza destinazione.
E io ancora una volta mi sporgo.
Pericolosamente.
Su pensieri verde bottiglia.