Quando poi...
quando poi scrivere serve quasi a respirare. Segna la pausa, la curva a gomito, la discesa. Così l'io mi moltiplica e perde in frammenti. Forse si dimentica. E si veste di apnee fragili e sottili. Come gallerie. Ed è proprio così che l'ego si genuflette. Solo per cercare un lenzuolo che copra. La tenda di un palcoscenico che forse non si alzerà mai. Perchè scrivere è un pò dimenticarsi. E' annullarsi, allontanarsi, per ricrearsi. E' diventare altro ed altri. E' poi condividere. Dopo l'angolo e lo slancio. Magari solo per lasciare il segno attraverso parole. Perchè così diviene più reale, quasi tangibile, diviene entità un pensiero, e noi attraverso quell'idea ci intrappoliamo nella carta, nelle sue forme. Siamo quel pensiero senza esserlo mai fino in fondo. Perchè resta sempre un ostacolo e spesso siamo noi. Ed è così che qualcuno diventa profondo ed intenso, perchè scrive solchi, come se arasse l'anima deggli altri. Mentre altri restano lievi perchè sanno avvolgere le cose con le nuvole, quasi le intingono nella rugiada, e tutto sembra rivestito di un velo che stinge e soffonde. Mentre alcuni raccontano, perchè la parola non sia altro che tintinnante vita. Quasi gettoni da infilare, l'uno dietro l'altro, in silenti ed avare fessure.
Scelgo io dove andare, adesso.
Perchè la realtà è nel mio respiro.
Contaminato dal desiderio.
Sento questo vuoto che è dolore o inconsistenza.
Un pieno che si contorce.
Una scia di foglie.
Avrei voluto coprirmi con il tuo pigiama, nelle notti fredde.
Al posto della tua carne, la mia.
Sotto la luce della luna.
E disegnare le tue mani, vicine.
Le tue mani solo mie.
Finalmente solo mie.
Scelgo io e so di non esistere.
Margherita senza dita.
Non ho mai contato.
Oltre questa mente che mi diluisce.
La verità ha osservato quel fiume di parole.
Dall'altra sponda.
E poi ha sorriso.
Così intrecciandosi, nutrendosi, flettendosi.
Come radici.
E tutto questo, tutta questa confusione,
può sembrare incomprensibile
solo
per chi da sempre
conosce la verità.