E non so quanto io sia stata mai più lontana di adesso da me stessa. Nè me lo chiedo. Gli uccelli cinguettano voracemente, e non c'è calura che tenga e che ne sfiati il canto. E il vento, tiepido e quasi denso, con la sua eco di pioggia lontana, fa cigolare il cancello, e sento che il mio mondo è qua, nel mio rettangolo di vita e di tempo e poi di anima e di carne e saliva. Ed è esattamente qua, nella mie vene verdi e blu, screziate di viola, che dal polso, come rami lievi, si sperdono nelle mie braccia, e annegano nella mia carne, e forse sfiorano l'anima, e poi non so dove si inabissino, nè se lo fanno. Io sono qua e nella vita che scorre, mentre il cane del vicino non smette di abbaiare, e la palma ondeggia davanti alla mia finestra. E sto nella fioritura della mia lavanda, nelle mie scarpe nuove, nella mia caviglia dolorante, e nelle ciliege che mi macchiano le labbra e poi ancora sono nel film che è appena finito, nei suoi titoli di coda. Cosa divento? Cosa ero? Non ho poesia oltre le frange di questa mente. Non ho altro che questa mia anima slabbrata che lascia sempre un pezzo scoperto. Quasi a morir di freddo. La neve sul cuore, io lo so cosa è. E lo so, ne sono certa, perchè altro non può essere, che questa notte basterà per cancellarti, per farlo per sempre. Ci sono quasi riuscita, e mi manca qualche schizzo ancora di stelle, per dimenticare. Per levigarmi la mente, come un foglio candido, che candido non torna più e questo mi strazia. E a volte mi piace ed altre no. Adesso non saprei. E così facile passare dall'immenso al nulla. Un'altra ciliegia ancora, il suo succo dolce, e poi ci ripensiamo.
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