mercoledì 8 agosto 2012


Ho sgranocchiato con petulante imprecisione la mia innocenza. E mi sono voltata, una e un'altra volta. E poi ancora. Come se fossi un ventaglio. O solo una donna ferita. Volevo essere sicura di non aver dimenticato nulla. Di non lasciare nulla di intentato e di non detto. E ho provato, e mi sono provata e data. E poi ripresa, per darmi ancora. Con tutta la foga che conosco. E poi mi sono astenuta dal fare, per paura, o per scarsa rispondenza al sogno. Al mio sogno. Al sogno che mi riempie tutta. Fino a non poterne più. Perchè in quello specchio io ci vedevo infinite foglie, e mi è sembrato di amarle tutte. Foglie orfane del proprio ramo, forse destinate a diventare stelle silenziose in un cielo inverso. Avrei dovuto interrompermi e riavvolgermi intorno al mio racchetto, 7 stagioni fa. O forse prima. Avrei dovuto lasciarmi piovere addosso e sopportare. Ed invece mi sono ritratta e rifugiata dentro un bel nido indaco, come una rondine senza primavera e senza bocche stridule da sfamare. Ed ogni volta mi sono riaffacciata e non ho trovato nulla. Mentre il sogno tremava ed imprecava. Solo un cielo infido in cui credere di sentire, laddove il confine tra sentire e provare quasi si perde. Diventa filo e si muove e si adagia con scarsa cautela. Come un burattino a caccia di anima.
Io non la voglio l'amarezza,
e neanche l'incomprensione.
Volevo essere abbracciata,
come la terra con il cielo.
In alcuni punti accade.
Come se fosse un segreto,
quello
in cui si cela il mistero della vita.
Dell'accoglierla, del particarla, nel continuare a crederci.
Vorrei urlare al mondo che se ho sbagliato è stato per amore.
E per la voglia di essere amata.
E ancora adesso mi sento marchiata da una indegnità che non comprendo.
E vorrei che qualcuno mi aiutasse a strappare questo velo che
come una pelle improvvisa
mi avvolge, senza tregua.
Senza cautela,
senza rispetto.
E se ho chiesto
e se ho preteso
e se ho distrutto
ed inseguito
e vomitato
ed inveito
era per spezzare quell'involucro dentro il quale io non respiro.
E mi limito ad esistere nel suo atteggiarsi ed indugiarmi addosso.
Notte, tu che mi spalanchi e mi lasci spalancare anima e corpo questa volta cullami e rivestimi di oblio. Affinchè nessuno si nutra ancora del mio tormento. E del mio rancore. Solo verso me stessa. Perchè non so odiare. E quello che non sono stata e quello che non ho saputo lasciar vedere. Ci sono sette strati di paura intorno al mio cuore. E ad ogni delusione se ne aggiunge uno nuovo. Dendo e spesso. Ma io ho fede nella vita e nella bellezza. Nella carezza del mondo e nelle sue dita prodighe.
E se mettessi sulla mia ferita due punti, equidistanti e sinceri, diventeri battito.
Prima di riprendere a scorrere. 
Sogno l'immenso e sbocconcello la realtà.
Senza una fame vera.
Notte, per una volta, inverti le mie linee, capovolgile, contorcile.
Mescolale alle radici di quell'albero.
Io voglio rinascere foglia.

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