Perchè poi esiste quel rigore leggiadro e che si flette e ci flette come steli di fiori invisibili. Fantasmi indaco che si slargano e ci cospargono la mente di nenie odorose e di proclami. Forse di stupore. La scoperta di una affinità inebria e ci ritrae, nella placenta benefica e nel segreto tiepido del nostro nascondiglio. Fino a farci nodi. E dirsi diventa difficile. Perchè è un pò spogliarsi di intimità. Indecisi se provare freddo o vergogna. Una parola, una carezza ed un alito di vento. Fino a scompigliare l'incanto. La confidenza è un equilibrio più fragile di una melodia lontana ed indefinita. Se chiudi gli occhi ti viene più facile capire. Ancora di più sentire. E mi bevo dentro un bicchiere trasparente. Sempre troppo pieno. Ne sono l'orlo indagatore. Vorrei essere presa e compresa. Ma non oso confessarlo. Forse perchè non è esattamente vero. E la verità non è mai esatta come la menzogna. Ed ogni volta che ci traduciamo in parole ci sottraiamo all'anima. Come ombre che si infilano dentro una fessura, un pò per scomparire e un pò per trovare un invisibile sollievo. Forse ogni ombra sogna di divenire figura. Di colorarsi. Almeno un pò. E per quel poco che le consente di tornare serena alla sua sagoma asciutta e austera. Ad essere ancora ombra.
Avrei voluto ma non è stato.
E mi riannodo, fino a sentire male.
Ma non troppo.
E quasi ci rido.
Non faceva così male.
La solitudine è la proiezione di spazio più prossima a noi stessi.
Invalicabile senza l'assenso.
Tutto dipende dall'andatura.
Dal passo, dal salto, dal dislivello.
Questione di equilibrio.
Più fragile di ogni plausibile previsione.
Anche se nulla è immobile, anche quando vorremmo,
e nulla si ferma,
e la vita scorre.
E e noi continuiamo a macinare vita.
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