Precipiti nell'inverno. La neve non si ferma mai alle ciglia. Non si accontenta. Ha fame. Ha una sua voracità, e le sue regole ignote. E di inverno è facile nascondersi. Quasi indispensabile. Cercare una tana. Come dentro una parentesi. Dove ci sia una spiegazione, non sempre plausibile. Dove noi sappiamo diventare idea e carne nella stessa quantità. Dove non dobbiamo difenderci. E dove non ci sia negato un pò di calore. Perchè viviamo, alla ricerca di quel tanto di calore. Come dentro il letto, mentre ci addormentiamo, affidandoci ostinatamente all'ignoto. A a quel calore diamo tanti nomi. E glieli cambiamo, solo perchè siamo alla ricerca di un nome giusto. Come se fosse un incastro. In fondo sono le cose più difficili e rari gli incastri. La giusta misura tra forma e spazio, tra materia ed aria. Ed a volte ci ostiniamo, invece, a dargli lo stesso nome. Un nome logoro e dilatato, come un cappotto vecchio e sgualcito. Siamo portatori di reazioni chimiche, quasi inconsapevoli. Anche la vita lo è. Anche se a volte sembra una pretesa. Respiri, fiato e battuti. Siamo più liquidi del dovuto. E la pretesa più insistente è che l'inverno passi subito. Senza saper aspettare che geli tutto, proprio tutto. Lo isoli e lo custodisca, nella pancia della terra, come una gestante paziente. Solo perchè temiamo il freddo. E ci strofiniamo contro infinite casualità. Ed è così che il precipitare nella primavera sembra silenzioso e quasi invadente. Troppo intenti ad abituarci. A raccontarci. A ricoprirci di parole. Fiato sopra fiato. Inutili.
Oggi c'è il sole.
E il mondo mi è apparso, dentro una cornice di papaveri e fili d'erba.
Non so quanto inverno dovrò sopportare ancora, ma c'è un silenzio più autentico di mille parole e lo ritrovi e lo custodisci.
Ecco, ora lo sento un poco mio.
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