E' più facile di quello che può
sembrare. Lasciarsi sfuggire una parola dietro l'altra. Come ciliegie.
Fino a riempirti la bocca di polpa. Solo per sputare noccioli. E fino a
riempire il rigo. Uno e poi l'altro. Come note di un pentagramma. Le
parole descrivono, le parole raccontano, ma non dicono e le cose
restano altro e altre, nonostante le parole. E gli altri riescono a
giudicarti più facilmente per le tue parole, piuttosto che per quello
che davvero sei. Perchè la comprensione è una forma suprema di superbia.
Perchè non arriviamo mai davvero a sapere come sono gli altri. Di quale
sostanza sono permeati i loro sogni. Le loro paure. I loro reali
desideri. La loro scala di valori. Possiamo spingersi alla intuizione
più sfrenata. Possiamo cimentarci nella fantasia più densa, per
individuarne i gusti e le ossessioni. E dagli la forma di cui noi, solo
noi, abbiamo bisogno. E magari non è la loro. Un modo di scavare per
compensarci. Ma resta sempre quello che non comprenderemo e che
irreversibilmente verrà marchiato dalla bolla del giudizio. La via più
facile. Perchè alla fine ognuno si proclama rispettoso, ognuno si
riempie la bocca, fino a credere che la stia perfino masticando, della
parola rispetto. Per poi risputarla, un istante dopo. Angolo,
dopo angolo. Come una gomma. Dopo aver fatto palloncini nell'aria. Come
se non fossimo tutti alla ricerca di un pò di fiducia. E' più semplice
lasciare gli altri ardere come dei di cartone e soffiare sulle
ceneri che astenersi e rispettare. Perchè il mondo è assolutamente
bello, proprio perchè immensamente diverso. E i nostri parametri sono
solo uno degli occhi del mondo. Solo del nostro.
La verità è nel guardare gli altri, dimenticandoci di noi.
Della goia, del dolore, del male di cui siamo capaci e di quello sofferto.
Sentirsi è vivere senza pelle.
Senza nomi.
Senza regole.
Apro gli occhi alla notte, per esistere a modo mio.
E io so che l'ordine esatto delle cose non esiste.
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