mercoledì 25 settembre 2013

Dividi il sole con me, amica mia? Dammi la mano. Ancora una volta. Spicchi di luce si incastrano con ombre latenti. Inesatte ma seducenti. Nell'intrigo che ci sbatte l'anima e la raggruma, fino a lasciarci credere che il dolore può devastarci e prendere il posto della vita. Più denso del respiro. Fiori di carne e macchie rosse e dense, come le mie parole addosso alle tue, a lisciarsi l'anima. Dammela la mano. E' vero,  tu non la hai mai lasciata. Come se fossimo fiori dalle corolle invisibili, a caccia di notti ventose e fameliche. E le tue dita si mescolano alle mie, senza ritegno; sono fili d'erba odorosa, divisi dalle albe che si sono addossate, e ci hanno viste unite, a dimenticare le lacrime ed a raccontarci storie. Tante. E a riconoscerci dall'odore, quello del ventre che ha posseduto l'anima. C'è una dignità diversa che mi colpisce. Una strana sostanza che è molto vicina alla verità, e spesso la ricopre e spesso ne resta scoperta, come uno strano ed irregolare lembo. Ed è come se il sole rendesse tutto meno visibile e troppa luce diluisse i dettagli. Mi piace osservare la vita come una luna di carne, immersa in un buio precario che non chiede. Ed appena conta. Pulsa come il battito tra le linee del polso e si dirama in linee del destino nel palmo di una mano. Giusto quello che basta. Mordilo, una volta solo, con me, questo sole. Almeno un pezzetto. Fino a sfondarla la volta celeste ed a piazzarci tutte le lune sorelle che ci pare. Perchè si è donne e silenziosamente avvolte tutte da sogni inconfessati. Ecco vorrei un cielo sgualcito dove le cose hanno il loro nome. E non importa conoscerlo. No, non ci importa.  Splendete con me, lune di carni sconosciute? Più che si può. E del resto non ci importa. Si chiama rispetto, e forse solidarietà. E solo chi vive certe sensazioni può arrivarci a quello strappo. Dopo del quale si rinasce. Sì. Brillate. 
 

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