L'altra mi osserva. Non riusciva a credere. Nulla era cambiato. Anche se era cambiato tutto.
"Non cambi mai. Sei una ladra di arance. Ma butti la corteccia. Ne potresti fare bracciali. E riempirci cuscini.".
Rubavo arance. E ne mordevo la buccia. Deliziandomi nell'amaro del loro sapore. Fino a schiacciarmelo sotto i denti. A comprimermi la loro malinconia arancio in corpo. E a farmi bruciare il palato. E il pendolo riempiva l'aria dell'odore di mia nonna. E le bucce sorridevano sui caloriferi. Prima di infestarci di tristezza la casa. Ma bastava la sua carezza. E il pettine tra i capelli. E il sorriso tornava. E se i capelli erano troppo corti. Bastava un bacio. E il suo profumo di cipria. E il mondo si dilatava in un abbraccio.
"Non cambi mai. Anche se sei cambiata. Hai gli occhi come specchi di tristezza. E ti cuci le lacrime addosso. Sembra neve. Sei una sputaneve. E continui a rubare arance. Non so neanche a chi. E dove tu le prenda le tue arance."
Qualcosa era cambiato. Non le rubavo più. A volte le elemosinavo. I palmi a fare da coppa al cielo. Gli schizzi dell'acqua. E tu mi osservavi divertito. Il mare in inverno. E senza arance. Solo una passione azzurra come un forcone nella pancia. E quell'odore nella mente.
"La tua pelle è come quella di una bimba".
Forse perchè ero una bimba. E la sua barba adulta contro il collo mi sembrava il solco provvido del contadino sulla terra. L'arancia divaricata in spicchi immemori. Niente più buccia. Persa in cambio della innocenza.
Non è cambiato nulla.
Anche se è cambiato tutto.
Tutto è cambiato.
Adesso pago le arance che compro.
E anche quelle che non compro.
Nulla mi fa più paura della dolcezza. Io l'ho incontrata e si è spogliata ed è diventata crudeltà. Con i denti fatti di parole. E ho iniziato a temerla. Ad osservarla come una rosa. Concentrandomi sul suo stelo. Quasi dimenticandomi dei petali. Del suo profumo. Della morbida eleganza della sua corolla. Del suo altero profilo.
Mi sono addormentata tra le spine.
E non so svegliarmi.
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