Mi rifugio nella mia pelle, e ne annuso l’odore. Sono davvero così familiare a me stessa? A volte mi succede di dimenticarmi all’angolo di qualche strada e poi di tornare a raccogliermi, pur sapendo che è troppo tardi. Coriandoli di donna. Respiro ed il fiato è memoria, una specie di fisarmonica del tempo. Sul bordo mi sporgo, sapessi come è bello il delirio in alcuni istanti. Se te lo descrivessi le parole rovinerebbero quel pensiero segreto e repentino, liscio come seta e capace di tagliare. Ma io ho paura di tutto quello che è lieve e profondo nello stesso tempo, perchè lo trovo irresistibile; più del gelato alla nocciola da raccogliere a cucchiaiate dalla vaschetta in fondo al frigo. Lo facevamo nel cuore della notte io ed il mio papà, tra gerani e zanzare, sotto la luce delle stelle, nell’aria pregna dell’odore del grano. Sei nel cuore, dentro questa pelle, papà. E la mia pelle in cui mi rintano, a volte è matrigna e nemica e la sento ostile. Come se tutto fosse solo un fardello. E gli altri non esistessero per davvero. Dove sei? Il tuo caschetto biondo e le tue ginocchia sbucciate? E la mano di nonno? Mi avvolgeva come il mare, e arrivava al momento giusto, con il sorriso al profumo di borotalco. Quante vite fa? La torta e le candeline e sempre e comunque il mare. La mia infanzia è tappezzata dall’odore del mare, dalla sabbia ovunque, forse fino all’anima. Eppure è successo tutto su questa pelle che raccoglie questo cuore e non sa fargli da culla e lo spinge a fondo, più a fondo di un pozzo, in cui urlare. E non smettere. Urlo e non smetto. Lo faccio anche in silenzio. Lo sai che la musica è la casa del silenzio?
Alla fine nel tentativo di comprendere la verità mento sempre a me stessa. Ma è così difficile continuare a ricercarsi, mentre si vorrebbe solo dimenticare. Il senso e lo scopo. E forse è lo stesso. O nella stessa direzione, come frecce indegne si spingono, tra le vene, a caccia di futuro, o solo di un attimo sincero di gioia.
Tutto in frammento di pelle.
Nessun commento:
Posta un commento