Se chiedo non chiedo
Ho chiesto al tempo di prestarmi un attimo.
Poi due.
E ancora.
Ho insistito.
Supplice e bugiarda.
Adesso rubo.
Rubo istanti al tempo che finge di non accorgersene.
Il più indifferente e sciatto dei custodi.
A lui non importa se rubo e dipano e rubo ancora.
E mi tesso uno scialle di istanti rubati e di nulla.
E' la mia vita.
Lui è solo il custode di quello scialle.
E quegli istanti dilatati, soffiati e gonfiati,
come enormi bolle di sapone
vibrano nell'aria,
in attesa di esplodere
e perdersi.
Come se non fossero mai esistite.
Come i miei istanti.
Aria impiastricciata,
sospesa e luccicante.
Imbottita di me.
Nessuno sa cosa cosa si agiti nelle mie bolle.
Cosa le faccia ancora volare.
La credono una innocente passione.
Dove sei?
Era estate ma l'aria aveva ancora inspiegabilmente
il sapore di arancia.
La sentivo sulle labbra.
E ovunque.
Mi ronzava nelle orecchie e mi succhiava il lobo.
Un odore intenso come tutte le ossessioni.
Mi solleticava il cuore.
Impregnava la pelle.
Mentre la mia testa ti spingeva di continuo dentro i miei antri.
Mi rivestivo e spogliavo di ostinazione.
Di finto pudore.
E mi ostinavo.
Ancora e ancora.
Una serie di volizioni contratte.
Strusciavo le parole alla carne.
Fino a farmi male.
E odoravano ancora di arancia.
Nè santa nè puttana.
Non capivo che una vagina virtuale è fatta solo di parentesi.
Graffe.
Adesso è ancora estate.
Non ho più bolle da sciorinare nel vento.
E neanche più sangue.
Ma dove sei?
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