Eppure oltre il senso di impotenza ed inutilità in cui siamo soliti crogiolarci è impossibile che non ci sia altro; deve esserci, quasi che il senso della vita si infili come una lumachina dentro il suo guscio, con il timore di lasciare la sua casina, di perderla, di sentire tutto il vuoto sopra di sè. E quel senso è più fragile di un filo e si tende come un arco verso il cielo. Giusto il sorriso che non si liscia prima di spalancarci, e poi quello che ci riempie la mente di sole, anche quando piove, e poi sa infonderci una consolante tenerezza verso di noi ed i nostri frammenti, quasi a raccoglierci. Pezzi di noi vicini. Senza mescolarci. Identità nette e coraggiose. Fino alle viscere. Della terra.
Disegnami gelsomini sulla schiena.
Saprò resistere.
Perchè è quello che voglio.
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