martedì 25 marzo 2014

Scorrono come vene di fiume, sensazioni, o solo la loro bava, scia del destino. Dammi le linee giuste, intrecciale con edera e vite. Ho bisogno dell'odore della terra e del mare. Hai mai sentito la sabbia calda tra le dita, tra i suono del mare e della tua mente che si svuota e si riempie come mille maree? Se ti è successo, raggiungimi e parlamene. Mi succedeva da bambina, o forse è solo un racconto, una fiaba, una nenia, nell'incanto della inconsapevolezza di una bellezza troppo grande per essere spiegata che sctriscia l'anima e affonda nella mente, ma non chiamarla ricordo, perderebbe il sangue che la sottende come un arco. Adesso su quella spiaggia quella bambina, proprio quella, continua ad afferrare sabbia e amore e a lisciarlo in torri destinate a crollare lente all'incedere del mare, aviddo e sognatore, anch'egli. E a sentirsi l'acqua sulla schiena e la luce del sole che si schiude in rifrazioni mentre riaffiora e ritorna a respirare. Lei nuota fino a sfiorare il braccio di suo padre, perchè così si sente protetta. Anche nei sogni, o solo in apnee. E ha una voglia dannata di immergersi ancora. Vorrei essere più semplice o solo più complicata. E vorrei sapermi amputare dell'io pensante che mi anima fino a tentare di sostituirsi al cuore. Io lo seguo solo per perdermi, per dimenticarmi. In una maglia di stelle, quelle che ogni notte mi riducono il cielo in rettangoli, mentre il mio respiro si frammenta in assenze e giochi di mancanze, somme senza risultato ma in fondo che conta? Perchè al di sotto di quella amarezza ingombrante, io resto come un filo, a scorrere furtivo come una retta, verso un infinito ignoto, e un poco mi piace e per il resto mi spaventa. E non mi guardo più nei pezzi che perdo, come corsi e ricorsi inversi. Io sono qua, con questo pulsare di vita, incasinata e confusa ma viva e vera, nonostante tutto. E non posso che bastarmi.

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