venerdì 8 maggio 2015

Ho una saggezza precaria che scivola presto, prima ancora, senza indugio alcuno, nella follia. Altalena di mente e di anima, una alternanza goffa ed inesatta, fino a precipitare tra le radici, a strappare piante ubriache, con una crudeltà inaspettata. Quasi un indulto di vita e di desiderio, di voglia e di rimorsi, come corde di linfa, fruste di gioia e tristezza. Mendicanti di parole, di brandelli scomposti, siamo i nostri sogni, il filo segreto tra le stelle e la mente, la loro scia sui nostri pensieri. Ed all'inverso, la loro impronta immemore. Io sogno poco e male ma se lo faccio avviene con ingordigia. Di sogni maldestri e sfacciati. Mi piace riderti nelle orecchie, come se fosse acqua che scorre, zampilli ad intermittenza, tra le mie malinconie fitte, e sentirti senza toccarti, come se tutto fosse la eco dei sensi, la loro estensione segreta. Sulla soglie di parole mai dette.
Così ho scritto sulla tua pelle infinite storie.
Traccia, dopo traccia.

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