giovedì 28 gennaio 2016

Sara dorme…


Il cuscino come argine dei suoi pensieri. Ha altro da dirsi nelle sue notti. Sta scandagliando il fondo, più o meno meticolosamente. Sente l’odore del futuro e ancora lo teme e ne centellina la fragrante fugacità. SI ascolta i polsi e così si placa e si divarica come una corolla. L’aria nella gola, troppa, senza neanche tanta paura; giusta quella che le serve. Un taglio sui jeans, ed passi alla rinfusa. La caviglia sorride, nei suoi schizzi imbarazzanti di sensualità. Senza una direzione, con una maledettissima voglia di vivere, come se il lembo si fosse slentato. E sul cuscino qualche lacrima, che non guasta. Hai mai bevuto le sue lacrime? La luna c’è ed è il suo palloncino. Ma a lei i palloncini hanno sempre fatto tristezza, languidi e smunti, alla fine della fiera, a grattare il soffitto, come barlumi di vita che si strusciano, esattamente sotto il tetto del mondo. Supplici a suggere frammenti di vita. La voce della gente la circonda, come uno scialle sgualcito. E lei resta sotto la sua patina, in un distacco che non è solo attesa, anche se sa, e sa che domani non sarà altro che domani.
In notti come queste, anzi come questa, vorrebbe solo musica, quella che piace a lei e che la spacca a metà come una mela. Spicchi che si sfiorano, lasciandosi ricucire dalle vene.
E quella lama a ridosso dell’anima, ad ogni palpito che brucia il cuore.
O forse altro.
Si disegna le linee della mano, per infilarci dentro sogni.
Ha perso la mappa stinta delle sue ferite.
Ma sa che la pelle è pregna di memoria.

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