mercoledì 11 febbraio 2009
Ho trattenuto sotto pelle. E poi trattengo. Come se la pelle sia una corazza. E là scorre. Un fiume. Lento. Caldo. Ma a volte si infila in rapide e tuffi. E non puoi che fremere. Altre in grumi. Fango. Ed ostruisce. Senti dolore. Ma resisti. Sai che scorrerà ancora. Sotto pelle. E tornerà. Un senso di calore e di dolcezza. A volte grida. Urla contro la pelle. La tenerezza più smodata. Come se ci fosse la corda di un violino. E quella melodia struggente scavalca vene le annoda e si intrufola tra i battiti. Fino a piazzarsi al centro. E suona e suona feroce. E quella musica scivola tra pelle e carne e anima e ancora pelle. Ma il fiume è ancora sotto. E' là che deve. E i suoi colori puoi solo immaginarli. Questo li rende ancora più belli. Perchè di bellezza si tratta. Ne sono certa. E i sensi e la loro idea ed il loro riflesso tremante si intrecciano e mescolano. E quella rete, di un vecchio pescatore lontano, e le sue maglie maldestre, si allarga e stringe. Nella corrente del piccolo fiume. Carezze e graffi. E il mondo è fuori. Se solo bucasse la pelle. Sarebbe veleno. Siamo la scatola dei noi stessi. Sigillata ogni via di fuga. Fatti del fiume di noi.
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