domenica 12 febbraio 2012

Non ho nulla e dunque nulla da mutare. Nè giustappunto da mutuare. Il cuore pavido ed impossidente si fa eco delle vene. Liquido e deluso, si specchia dentro un fiume. Non ha lune da azzannare. Vuole solo accarezzarsi il riflesso. Eroe dall'apparire evanescente. Io non esisto. Lo sto urlando, solo per avere una conferma inversa. E non mi ascolto. Perchè le urla si fanno graffi e morsi. Solo perchè hanno un bisogno animale di fare male e di lasciare un segno. Non sono quel riflesso improvvido ed irrazionale. Io sono il punto in cui il sangue si ribella e si fa grumo e pugno. Darei un calcio a tutte le stelle adesso. Per non inciamparci. Solo per rivedere un azzurro puro e sgombro. Sfacciato come l'ultimo strato della notte. Prima che si sdrai del tutto nel giorno a venire. E quella luce è solo scia e sputo. Qualcuno la ha rubata e me ne allieto. Prima di ricontarmi i petali, per dargli nomi nuovi. O forse sempre gli stessi. Ed io avevo dimenticato. Ho barattato memorie con radici e foglie. Ho smesso di essere astratta e mangio pane e terra. Avidamente. Non vi è nulla di più schietto e leale del pane. In fondo è solo la carne della terra o meglio la terra che si fa carne.
La bellezza si annida nella più pura semplicità.
Nessuna contorsione.
E' questo il mio segreto ed il mio orrore.

Nessun commento:

Posta un commento