Padrona del mio piacere. Il desiderio scivola dalla gabbia del mio corpo. Si schiaccia su battiti leggeri. E i brividi mi colano dalla mente. Come se fossero ali invisibili. Di farfalle segrete che barattano l'aria con piccole vertigini per schiantarsi lievi. Quando la leggerezza è l'insensata ebrezza del silenzio. Padrona e schiava e poi mi prostro. E striscio dal mio trono di cartone. Fino a toccar la terra. Ad intrecciarmi all'erba e alla rugiada. A farmi corda e colla. Per ricomporre o solo per tenere avvinti. Segmenti pudichi e arditi sentieri. Dove non mi raggiungo mai. E cercare è il mondo per nascondere il mio corpo alla mia mente. Il teatro di ogni logico delirio.
E perderne l'idea.
Non smettere di cercarsi.
E non trovarsi mai.
E' quello il delirio incontenibile e soffuso.
Fragore di un'onda contro uno scoglio.
Di spigoli di luna che colano a picco.
Dentro.
Mangiano strada.
Rendono gravidi di sogni piccoli.
Sogni istantanei.
Capaci di durare quanto schizzi di corolle nel vento.
Padrona, supplice della mia carne.
Mi ripiego come un ventaglio.
E nelle pieghe segreti di polvere.
Ed una macchia freme.
Non chiamatela ricordo.
E' che vorrei svegliarmi con una poesia cruda e vorace sul cuore.
Nessun commento:
Posta un commento