domenica 12 febbraio 2012

Tengo tra le mani una, due, tre parole. Forse quattro. E a volte cinque. Con cautela. Poche ma assolutamente vere. Perchè non tutte le parole sono uguali. E non dipende da come le riempiamo noi, ma dalla loro naturale forma, dal loro peso, da quello che significano, senza sembrare. Come zattere per non affondare. Quasi ninfee su uno stagno immobile ed immemore. Non soffiare, non voglio il vento. Voglio che tutto resti così. Senza direzione, senza bisogno e senza spiegazioni. Mi è capitato di essere giudicata e non mi è piaciuto. Sarebbe troppo facile, estrarmi da tutto questo fango. Perchè io sono fango e non mi nego. Ma solo se ne ho voglia. Perchè io sono questa volontà che si dilata e si distende e schizza e prende forma. Perchè senza quel vento il fango resta fango e non diviene sangue. E non si scorre e non cambia. La vita è dove non sappiamo aspettarcelo, perchè non nasce e finisce dentro noi. Siamo un pochetto di un tutto immenso.
Per quello mi muovo lentamente.
Mi piace pensare che mi guardi.
Ti parlo con le dita.
Io ho aperto la tenda per questo.
E a volte gioco con l'aria e con la luce solo per spiegare.
Vorrei baci all'arancia.
In fondo questa carne è solo la casa dei miei sensi e dei miei pensieri.
E quando mi volto è solo perchè sento i tuoi occhi
e aspetto che tu smetta di sussurarmi sulla nuca.
Di mordermi aria addosso.
Come se io fosse un graffio da riempire.
A me bastano le mie piccole barche fatte di parole.
Non chiedo altro.
Solo di essere raggiunta.
Nei pressi del tetto del mondo.
Per quello non smetto di fuggire.
E consapevole delle mie contraddizioni sorrido,
prima che altri tentino di amputarle.
E se fossero ali?

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