domenica 7 giugno 2009

Dal mare alle lenzuola. Cotone ruvido che sapeva incredibilmente di estate. Ricordo l'odore del sole tra il bucato. Una sensazione mista. Oltre l'olfatto. Quasi a poterla toccare. E l'aria satura di caldo. Timidezza e sabbia sotto il palato. La buccia vellutata delle pesche. E i denti dentro. Le goccioline sul mento e sulla maglietta. E le bolle ovunque. Deliziosamente ostinata. Oscuro presagio. Dal mare alle lenzuola. E scivolare nel sonno come se fosse una punizione. Un sonno avvolto dalla voglia di fuggire. La finta ribellione sfidava la finta severità. Il gioco delle parti. I papaveri e le spighe fuori. Appena fuori dalla finestra. Un richiamo meraviglioso. Come se avessero voce.
La porta della intimità è l'imbuto dei sogni.
Perchè è la carne che decide.
E ogni battito della mente è tradotto in brivido dai sensi.
Nessuna pretesa.
Solo luride impronte di una luna estranea.
E bastarda.
Vomita il suo alone nel cielo.
Lenzuola bianche e odore di menta furiosa.
Non è solitudine.
Ma assenza.
Io ci sono.
Poco.
E male.
Abile utensile.
Imploro gli altri di usarmi.
Nel modo peggiore possibile.
L'unico di cui sono capace.
E poi lo rinfaccio.
Colpa dell'attimo.
E della mia scarsa memoria.
Ma a volte le lenzuola sanno di tempo.
E non è estate.
Non ancora.
Nessun girotondo mi può ferire.
Sorrido, mentre la pioggia fa il resto.
Non ho più virgole da distribuire.
E tutto scorre su tutto.
E si sovrappone.
Fino a togliere il respiro.
E non è rabbia.
Consapevolezza.
In fondo nessuno ama le stelle più di un cieco che non può vederle.

1 commento:

  1. Molti di noi implorano gli altri di usarli, per poi rinfacciarglielo, Dio benedica i ciechi che sanno apprezzare più di noi ciò che non vedono e ci aiuti a vedere ciò che naturalmente non ci riesce di sentire.

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