domenica 15 aprile 2012

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Forse. Ti ho chiesto di raggiungermi. Non volevo parole e nè passi. E neanche silenzio. Il rumore di alcuni momenti si mimetizza nel respiro. E respiri, desiderio e voglia che tutto inizi e che tutto sia già finito. Ti fai mille promesse e le sovrapponi e poi le infrangi immediatamente tutte. Io volevo te e te dentro il mio buio. Dove c'è luce. Ma è una luce segreta. Fatta di intimità, dolcezza e di rispetto. E di marmellata di more. Alcune luci non si posso descrivere. Si accendono piano. E' infinita la sensualità che si scandisce con la lentezza. Io in realtà non volevo altro che non fosse e non fossi tu. Ma non volevo dirtelo. Tanti volevo confusi ed un solo voglio. Preciso e netto. Ho accartacciato la tua ombra e ti ho sentito infilarti tra le lenzuola. Scivolarmi vicino. Al confine di me. Tra i bordi dell'attesa. E ho tremato. Piano. Ho trattenuto i brividi, perchè pensavo che così avrei potuto vestirmi di apparente indifferenza. Brividi e battiti sembravano una cosa sola. E' quello che accade quando la pelle ed il cuore si toccano. Mentre si strofinano la pelle diventa una tela candida. E la bellezza del presente non è data dalla sottrazione di pezzi del passato. Non c'è un meglio o un peggio. Esiste solo quello che sta accadendo. E gli altri non esistono. Forse l'ho pensato o lo sto inventando ora. Anche se non ho più una grande fantasia. E la gara delle farfalle non ha nè vinti nè vincitori. Tutti perdiamo e tutti vinciamo. Solo che facciamo gare diverse. Mi piace complicarmi i pensieri. Non mi hai chiesto perdono. Nè io avrei voluto. Volevo solo che ti infilassi vicino e mi respirassi vicino. Come quando si sta dentro una bolla. E non ricordare altro. Una specie di oblio dolce. In fondo tutti si chiedono cosa ne sarà di noi dopo la morte ma pochi quello che eravamo prima. Da qualche parte saremo pure piombati. Mi piace l'idea di intersecarsi il percorso in una e più vite e di incontrarsi ancora. Diversi ma uguali. Forse gli stessi. Zahir.

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