domenica 29 aprile 2012

*

Un sorso e ti sorrido. Perchè mi va. Mi va così. E' un pò che non facevo quello che mi va. Per davvero. Io non ti sto guardando. Sto solo osservando me stessa nelle tue iridi che si slargano come vasche piene di bolle. Come se i tuoi occhi fossero il pentolone in fiamme in cui ripescare pezzi di inferno e di demoni sfusi. E farne una coroncina. Ho bisogno di quella strana santità che a volte ci rende più difficile spiegare. Pensare in un modo convenionale risolverebbe la questione. Forse assolvere i fantasmi e restituirgli la loro vita. Sarebbe come saltellare su un piede, su una campana stinta. Io ci giocavo, non non mi divertivo. Aspetto un pò. Tra un pò sarà il tempo di precipitarti nelle pupille. Solo perchè così posso sentirmi filo lento. E vena calda. Sotto una pelle qualunque. La condizione dell'infinito è un prestito di quella santità. Forse, così si disegna l'oblio. Con disattenzione. Con grumi di lettere. Un pugnetto di gioia umida e veloce. Ho voglia di un altro sorso. Ma mi astengo. E mi gusto il fremito dell'attesa. La mia volontà non conta. Ormai è stoffa che scivola sulla pelle. Se chiudi gli occhi sarà l'attimo in cui io mi infilerò il paradiso nella mente. E lo rovescerò sotto il tuo palato. Con irriverente dolcezza. La trovo così irresistibile. Ti sto gocciolando il mio delirio. Non io, non essenzialmente io. Ma il corpo. Sai spesso ha un terribile e disperato bisogno di esultare. E io non sono goccia. Non quella goccia. Sono la carne immemore in cui la vena non smette di pulsare. La terra in cui il fiume ha scavato il suo corso. Ci vorrebbe tutta la più mordiba disattenzione per non sbagliare. Gli errori sono nodi. Su fazzoletti mai sciorinati nel vento. E adesso ho voglia di annegare nelle stelle e di chiamarle una per una. Povere piccole schegge dimenticate nel buio. Scintille di fuochi mai arsi. Perchè in quella vena c'è una parte di me che non riesco a spiegare. E si riavvolge come un feto. Ed ha solo voglia di esplodere.




Non io.



Assolutamente non io.



Negare è vivere con un solo occhio aperto.



Senza chiuderli mai per davvero.



E senza poter guardare l'intera immagine.



Aspetterò la notte per ricominciare il mio appello.



Alle stelle.



Non voglio perdermene neanche una.



Non io, esattamente non io.

Nessun commento:

Posta un commento