martedì 23 ottobre 2012


L'unica fede che ci unisce è il bene. Sembra così banale, ma riesci a sentirne la serpentina leggerezza mentre lo pensi, mentre te lo ripeti. Mentre lo scandisci. Senti quel desiderio forte sotto il palato. Prima del prossimo respiro. Prima di sbadigliare. Prima di annegarti dentro un pò di incoscienza. Un bene che non ha vestiti e non vuole forme. Niente è più nudo del bene. Di quella bellezza senza consistenza ed apparenza, che si adagia, si infila, arriva, scorre. Come acqua. Come un'acqua impalpabile. E che non bagna, ma asciuga. Senza strofinare, senza cancellare. Tutto il resto diviene altro che spesso bene non è. Tutt'altro. Strati di civiltà, sovrapposti, affinchè ciascuno riuscisse a cancellare i segni dell'altro, in favore del proprio, in una fila, in cui non si sarà mai l'ultimo. Non esiste il coperchio del mondo. E quella voglia di arrivare oltre, chi aveva preceduto, rende tutto una idea; alla fine resta solo l'idea, un senso fastidioso di grandiosità e pochi nomi. E l'oblio su chi non ha deciso ed ha subito. Come se la ruota scorresse sempre inversa ed affamata. E il tempo coprisse. 
Non sempre il fasto è bellezza.
Forse stupore.
Ma dopo il cielo tornano a guardare il cielo.
Come se fosse una spugna.
Mi piace pensare a tutto ciò che non sa di realtà.
A qualcosa che sta oltre.
E mi aiuta a non pensare, a non sentire, a spegnere.
Quel piccolissimo granello che può essere la mia delusione.

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