martedì 23 ottobre 2012


Mi stupisce una rete di luce. E gioca con il mio polso. Non fa male; fa riflettere. Come se avessi un bracciale, senza peso, sulle mie vene. Riflette tutto quello ignoro. Oltre questa finestra c'è un cielo immenso e terso. Oltre quella tenda più o meno candida. Mi sono sporta, pezzo per pezzo. E poi ancora. Imperdonabile, come tutto quello di cui hai bisogno, di cui ha un disperato e becero bisogno, per continuare a vivere. A volte occorre qualcosa di imperdonabile per continuare a vivere. L'ho sentito dire e mi è parso grandioso ed incomprensibile. Non è in ciò che capiamo che troviamo le risposte. Sarebbe troppo facile. Solo per spingerci nel tunnel, in cui, ogni uomo artefice e pantocratore, deve immergersi nella distruzione; l'unica che  è la forza e la luce in fondo, al corridoio, che ci fa ritrovare ciò che davvero siamo. In fondo, ad attenderci. Ora, tra i miei capelli, la rete scivola, come una carezza, e poi si flette fino al mio braccio, e sulle mie dita. Come se ci fosse un pò di quella luce nelle mie parole. So, che appena mi volterò mi accecherà questo inizio di tramonto, lento ed indolente, come l'aria riscaldata, dopo la pioggia. In una città anestetizzata, dall'incipiente autunno. Prima di sprofondare nel grigio che annuncia la notte. Ovattato. E non basteranno le stelle per contare questo munifico silenzio che mi fodera l'anima. Il piacere è più semplice di ogni complicazione. E la mente che crea e spinge e si intreccia nei sensi. Crea un inizio, assurdamente bianco, capace di nascondere ogni buio. Senza una logica e maestosamente feroce. Ecco io desidero tutta la ferocia dell'autenticità. Perchè dal peccato nasce, all'improvviso, una incontaminata bellezza. E la bellezza è libertà. O forse il contrario.
Un fiore che si schiude e buca il fango.
Se chiudo gli occhi so che esisto.
Semplicemente. 
E non mi basta, non sempre.
Nulla spaventa più della semplicità.
Ed alterno realtà ed astratto sentire.
E questo fa di me una donna s_fusa.

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