venerdì 13 aprile 2012

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Pensavo che... ci riesce oltremodo facile plasmarci addosso una stranezza che alla fine è solo uno sconcertante artificio. Un velo, un cilindro o un fazzoletto. Il canto dei grilli. O le mie scarpe nuove. O l'orlo scucito della gonna. Nella disarmante convinzione che la normalità sia lo zainetto che abbiamo in dotazione da cui estrarre quotidineità. Così ci strusciamo contro l'esigenza di una diversità che ci rende con una forma morbida, come vestiti bagnati, fradici di voglia di specialità, uomini con asseriti frammenti di divinità e spesso è una aspirazione. Quando il divino si incastra nella più invereconda semplicità e spontaneità, come un fiore che sboccia. E' la sua corolla è una coppa, un trofeo o piuttosto una preghiera. Le cose realmente strane hanno l'autenticità e l'incoscienza. Saltano la serie e si ribaltano e si ritrovano oltre. Non scuotono le ciglia per lo stupore ma solo perchè hanno bisogno di rigare l'aria. E con gli occhi parlano. Hai mai saltato a piedi uniti nel buio? E' come sgiungere le mani nella preghiera. E fare immensi giri con le dita nell'aria. Sentirne il peso contro e non smettere di rotarle. Perchè se raccogli vento ti ritroverai con le mani solo apparentemente vuote. E schegge di vento ti graffiano il palmo. Per complicarti le linee della mano, le radici di un destino, tutto da rifare. E se ci pensi non sono mai stati più affini sangue e terra. Ci sono molte più cose in cielo che in terra. Perlomeno per qualcuno. Il cielo è la casa delle idee. Una immensa tasca trasparente. Nuvole su nuvola. Ed è un gioco serio, serissimo oserei dire. Raccoglie i nostri sguardi, come fili. E non li spezza quasi mai. E quando disegnavi il fumo nel camino era una nuvola incompleta che si perdeva nel cielo. Un suo frammento. Grigio su grigio. Leggeri ghirigori tondeggianti. Li schizzavano dalla bocca di un camino rosso carmino. Perchè qualcuno ha fatto credere ai bambini che le case abbiano sempre i tetti rossi. E che anzi tutte le case abbiano un tetto e che quel tetto sia necessariamente spiovente. E che il sole sia di un giallo indecente. E che tutte le finestre siano protette da infissi verde, verde marcio, con spiragli di menta. In dispregio di qualsivoglia decoro urbanistico e sentimentale. Dentro la donna, senza spingere, e silenziosamente, la bambina pensava ad un prato finalmente viola e a nuvole arancioni, screziate rosa. E disegnava case senza tetto. Perchè l'unico tetto del mondo è il cielo. E silente non svegliava il futuro, prima che fosse tempo.

Adesso afferro la luna e la calo in fondo.
Luna e viscere dentro.
E mi sento pensiero immobile.
Mentre sciolgo sotto il palato un pò di paura.
E un pò no.

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