martedì 17 aprile 2012

Primo giorno di primavera. Freddo, ma non ho freddo. Mi capita così per caso di voltarmi e riguardare indietro. Ed è come guardare per la prima volta. Senza più bilanci. Quelli spesso fanno paura. Senza legami. Anche quelli. Gli altri un posto nella nostra vita se lo prendono. E noi nella loro. Incautamente e senza permessi. Prima di ripartire ancora. Perchè hanno bisogno di tempo. Abbiamo bisogno di tempo. Perchè la vita non può ridursi ad un pò di memoria ed a tanti numeri. E poi i numeri sono immemori e così statici. Radicati come alberi senza foglie e troppe radici invasive. Così incapaci di adattarsi. Di piegarsi. Con il loro dovere di essere sempre precisi. E' l'esattezza che mi spaventa. Perchè io sono nata inesatta. Nata sotto un ulivo. Perchè dalle mie parti sono evidentemente più frequenti dei cavoli. Ed inesatta rimango. Vivo e sopravvivo per approsimazione. E non mi lamento nè declamo. Mi limito a respirare. E sputare il male di vivere che riaffiora. E che non nego. Non nego nulla. E continuo ad avere fiducia. Oltre ogni apparenza. La vita non ha limato quella rudezza che mi ha sempre accompagnato. Quella che la sincerità non può livellare. Ed è sempre accaduto di aver dato poco rilievo alla forma. E forse nessuno alla sostanza. Già, forse. E ho visto negli altri solo la sagoma di quello di cui avevo bisogno. L'ho riempita di piume e spine. Senza una mappa. Solo per non avere vuoti. O meglio per non sentirne. Ed ogni volta che mi sono avvicinata ho provato dolore. Perchè toccare gli altri era un rischio male calcolato e mal previsto. Non ho più foglie sugli occhi. Adesso il mondo è nudo. Come i miei occhi. Ed è così diverso. In fondo anche le parole sono un prestito dello spazio alla mente. Scriviamo con quella, attraverso la materia. E spesso il nostro inchiostro è invisibile. E occupa un posto più denso. Del possibile. Primo giorno di primavera. Senza molte cose. E con una gioia silenziosa che non smette di fiorire. Si chiama speranza. O solo forza. Piccola ma reale. E non mi volto più, perchè ho compreso. Il passato è una sacca con pochi numeri e molto confusione. E se non ci pensi pesa anche poco.
La parola è un moltiplicatore irrazionale.
Anche quando usa il silenzio.

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